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E poi la musica

  Bevevamo il Nero di Troia  cercando un vento freddo tra gli ulivi quando imbracciava la fisarmonica e io ficcato in una buca, la cera nelle orecchie, un maccaturo in bocca per non dirgli che suonava a morto che detestavo le sue canzoni  - io ero Ulisse e lui la sirena dell'amore chiaro inappagato - quando chiudeva gli occhi  e annusava il battito della campagna per inseguire le note più lontane - sorridevo balordo, gli gridavo  ancora.       Venere spastica moriva per lui ballava nel fuoco come un pipistrello.

Estremità

  Al prossimo chiedeva solamente di stargli lontano come i piedi dal naso  lui così fedele al regno delle mani  i piedi i piedi i maledetti piedi lasciatemi solo gridava e impazziva  contro la ragione e contro il bene; chiuso in una stanza contava sulle dita  le sillabe esatte per le strofe sbagliate,  soffiava parole d'amore al cuscino e  piangeva la bocca di lei sopra il sesso  di uno che suda dai piedi nella sabbia