Bevevamo il Nero di Troia
cercando un vento freddo tra gli ulivi
quando imbracciava la fisarmonica
e io ficcato in una buca, la cera
nelle orecchie, un maccaturo in bocca
per non dirgli che suonava a morto
che detestavo le sue canzoni
- io ero Ulisse e lui la sirena
dell'amore chiaro inappagato -
quando chiudeva gli occhi
e annusava il battito della campagna
per inseguire le note più lontane -
sorridevo balordo, gli gridavo ancora.
Venere spastica moriva per lui
ballava nel fuoco come un pipistrello.
Commenti
Posta un commento