Vignetta di Leonardo D'Orsi Il giornale non era davvero un giornale (usciva una volta al mese), e morì stravecchio all'età di un anno. Lo avevamo chiamato “Za!”, parola che i miei concittadini conoscono bene. "Za!" per dire "vattene via, bestiaccia!", di solito ai cani, che non sempre sono bestiacce, ma se sono malati e balordi, se puzzano della miseria triste che va in giro annusando monnezze, ti somigliano, e tu non hai voglia di specchiarti nelle pozzanghere mentre vai a spasso pensando a niente. Qualche volta lo dici ai fastidi della vita, alla sfiga, ai conti che non possono tornare. Una sillaba per il malessere rifinito in forma di bastardo. Za! Za! cazzo... Za! Il termine però si adattava anche a fissare l'atto del taglio, come variante più perentoria e sciccosa di “Zac!”. L'esclamativo certificava il gesto come l'alzabandiera di un notaio. Nell’autunno del 2004 io e un amico, che chiamerò con lo pseudonimo di Franco Gravino, volevamo di...