Passa ai contenuti principali

The Sleep Artist, translation by Samuel Fleck




You can’t thank him
for his teachings: he’s asleep.
He had told you that for consistency’s sake
he would sleep at that time too.
He showed up for the first time in
your room when your body was already
settled: you were lying on the bed skimming
over a book half intending to open it.
That day he had your mother’s face.
He told you while stroking your head:
We’re almost there. Now close your eyes.
I’ll turn off the light I’ll muffle the noise.
Look I have slippers on my feet.
He wants to be near you he changes shape:
at school: your gym teacher
on the street: girl in the blue gown
at the doctor’s office: doctor who nods.
Yesterday he was snoozing in the vein
climbing up your leg.
If you confide in him he looks at you
funny smiling he can’t look
you realize that he’s wearing
two fake eyes always open wide.
You ask him to accompany you to the park
he accepts willingly: you need only
bring him on your shoulders and set him
gently on a park bench.
You can stay there next to him don’t talk
if you want to hear his last lesson
don’t wake him.


  

L’artista del sonno


Non riesci a ringraziarlo
per i suoi insegnamenti: sta dormendo.
Ti aveva detto che per coerenza
avrebbe dormito anche allora.
Si è presentato la prima volta nella
tua stanza quando il tuo corpo era già
d’accordo: eri disteso sul letto sfioravi
un libro la mezza intenzione di aprirlo.
Quel giorno aveva il volto di tua madre.
Ti ha detto accarezzandoti la testa:
Ci siamo quasi. Adesso chiudi gli occhi.
Spengo la luce attutisco i rumori.
Vedi ho le babbucce ai piedi.
Vuole starti vicino cambia forma:
a scuola: professore di educazione fisica
sulla strada: ragazza in vestaglia azzurra
dal dottore: dottore che annuisce.
Ieri sonnecchiava nella vena
arrampicata sulla tua gamba.
Se ti confidi con lui ti guarda
incuriosito sorridendo non può
guardare ti accorgi che indossa
due occhi finti sempre spalancati.
Gli chiedi di accompagnarti al parco
accetta volentieri: devi solo
portarlo sulle spalle e posarlo
delicatamente su una panchina.
Puoi rimanergli accanto non parlare
se vuoi ascoltare l’ultima lezione
non svegliarlo.

Commenti

Post popolari in questo blog

Collaborazionisti

Gatto collaborazionista con Giuseppe Ungaretti Dopo due giri nella lavatrice l'anima del gatto è un po' meno sua  con un orecchio ascolta il notiziario l'altro è una conchiglia per il tuo pianto  una vibrissa ti cerca parole come il naso del servo il suo padrone. Capita anche a loro di contraddirsi: lavoreranno per la polizia i gatti che appallottolano versi e li regalano senza pentimenti al primo confessore di passaggio  - nessuna posa da bottega del mistero -; i segreti li mettono da parte per le conferenze degli anti-poeti, solo per loro soffiano endecasillabi solo per loro inarcano la schiena come i gattacci di Pasolini.

In scena

Cornelis Escher. Tre sfere II, 1946, litografia PRIMA Nerio aveva portato le mie borse per tre chilometri il giorno in cui rischiavo di perdere il treno. Quasi mi salvò la vita, quando mi prestò il denaro che non avevo avuto il coraggio di chiedergli. Per qualche mese abbiamo amato la stessa ragazza, abbiamo litigato ma siamo rimasti amici. Nerio: attore, atleta, mezzofondista formidabile (avrebbe potuto partecipare alle Olimpiadi).  Ci eravamo conosciuti in teatro. Facevamo parte di una compagnia di filodrammatici.  Mettevamo in scena commedie napoletane: Scarpetta, Eduardo, Viviani. A me davano parti in lingua, perché col napoletano ero scarso. Quasi sempre il nobile in disarmo, a volte il prete o l’avvocato maneggione. Nerio invece addomesticava le parole come nessuno; ti sparava dei gramelot incredibili: un genovese, sentendo il suo strascico di  ueh e sfaccimme, lo avrebbe detto di Afragola; un napoletano il suo finto ligure se lo sarebbe bevuto in un sorso. Un gio...

L'intellettuale in ombra (revisited)

  Vivo qui da anni e non ho mai incontrato un intellettuale. "In città non ne troverai", mi hanno detto. L'affermazione è troppo perentoria. Perché non è possibile che un chilometro quadrato qualsiasi di un qualsiasi luogo della terra ne sia privo; parlo degli intellettuali, delle sottospecie più varie: scrittori, cioè romanzieri, poeti e saggisti, oppure storici, storici dell'arte, studiosi di tradizioni locali, antropologi, geografi, enologi, gastronomi (intellettuali anche loro). Da tempo la parola "intellettuale" ha assunto un senso negativo, che io non intendo attribuirgli, ma è vero: per molti intellettuali, l’aggettivo sostantivato che li definisce già da solo rappresenta un insulto. Se gli si aggiunge la locuzione “in ombra” [1] , l’insulto diventa oltraggio. Non so se tra gli intellettuali vadano compresi gli artisti. “Qui mancano pure quelli”. Se si trattasse solo di avvertirne le vibrazioni in un incontro casuale per strada, non sarebbe difficil...