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Visualizzazione dei post da giugno, 2024

Poyais

  Avevo spedito un mucchio di racconti all’ultimo editore di una lista di centosette. La risposta arrivò dopo cinque giorni.     “La sua prosa è contraddistinta da un buon ritmo e da un’arguzia non disprezzabile” mi disse al telefono la signora Eufrasia, che dirigeva la collana Piccola narrativa . Suonava bene quel “ritmo” riferito alle mie scempiaggini.  “Non disprezzabile” significava “apprezzabile”, o la negazione esalava una sfumatura di disgusto? Inutile sottilizzare.  I pochi editori che mi avevano risposto fino allora, non erano stati così benevoli. C’erano stati quelli circostanziati: “Ho letto le sue cose con molta attenzione e devo dirLe che, purtroppo, con rincrescimento e considerate le carenze stilistico-strutturali, la mancanza, formale e sostanziale, di una visione delle realtà che esuli dall’introflessione egotistica nel privato eccetera”. Quelli quasi incoraggianti: “Originali sono originali…”. Quelli allusivi: “Per la depres...

In scena

Cornelis Escher. Tre sfere II, 1946, litografia PRIMA Nerio aveva portato le mie borse per tre chilometri il giorno in cui rischiavo di perdere il treno. Quasi mi salvò la vita, quando mi prestò il denaro che non avevo avuto il coraggio di chiedergli. Per qualche mese abbiamo amato la stessa ragazza, abbiamo litigato ma siamo rimasti amici. Nerio: attore, atleta, mezzofondista formidabile (avrebbe potuto partecipare alle Olimpiadi).  Ci eravamo conosciuti in teatro. Facevamo parte di una compagnia di filodrammatici.  Mettevamo in scena commedie napoletane: Scarpetta, Eduardo, Viviani. A me davano parti in lingua, perché col napoletano ero scarso. Quasi sempre il nobile in disarmo, a volte il prete o l’avvocato maneggione. Nerio invece addomesticava le parole come nessuno; ti sparava dei gramelot incredibili: un genovese, sentendo il suo strascico di  ueh e sfaccimme, lo avrebbe detto di Afragola; un napoletano il suo finto ligure se lo sarebbe bevuto in un sorso. Un gio...