Passa ai contenuti principali

Countermand, translation by Samuel Fleck

Palermo, Vucciria (foto di Angelo Trapani)



A house is emptied out
the cities inside the house are emptied out.
There are neither mothers nor fathers
nor middle-aged sons to raise.
Who reshaped their cells elsewhere?
The useless objects endure
they do their duty they break
the tools made not to be used
every piece is separated from its slot.
Sensing the torment of a knob
falling off the dresser:
it’s the protest of its still heart.
You should protest too: eat the crumb
don’t separate it from the crust.

Contrordine


Una casa si svuota
le città dentro la casa si svuotano.
Non ci sono madri né padri
né figli di mezza età da allevare.
Chi ha rimodellato le loro cellule altrove?
Gli oggetti inutili resistono
fanno il loro dovere si rompono
gli arnesi fatti per non essere usati,
ogni pezzo si separa dal suo alloggiamento.
Sentire lo strazio di un pomello
che si stacca dalla specchiera:
è la protesta del suo cuore fermo.
Protesta anche tu mangia la mollica
non separarla dalla crosta.

Commenti

Post popolari in questo blog

Controscena

Cornelis Escher. Tre sfere II, 1946, litografia PRIMA Nerio aveva portato le mie borse per tre chilometri il giorno in cui rischiavo di perdere il treno. Quasi mi salvò la vita, quando mi prestò il denaro che non avevo avuto il coraggio di chiedergli. Per qualche mese abbiamo amato la stessa ragazza, abbiamo litigato ma siamo rimasti amici. Nerio: attore, atleta, mezzofondista formidabile (avrebbe potuto partecipare alle Olimpiadi).  Ci eravamo conosciuti in teatro. Facevamo parte di una compagnia di filodrammatici.  Mettevamo in scena commedie napoletane: Scarpetta, Eduardo, Viviani. A me davano parti in lingua, perché col napoletano ero scarso. Quasi sempre il nobile in disarmo, a volte il prete o l’avvocato maneggione. Nerio invece addomesticava le parole come nessuno; ti sparava dei gramelot incredibili: un genovese, sentendo il suo strascico di  ueh e sfaccimme, lo avrebbe detto di Afragola; un napoletano il suo finto ligure se lo sarebbe bevuto in un sorso. Un gio...

Parole mie non mie

István Nyers Il dialetto lo capisco, ma non lo parlo. Il dato in sé è banale. Ce ne sono parecchi di sanseveresi che non parlano il dialetto (alcuni di loro fingono di non capirlo); ma tutti o quasi hanno la giustificazione di essere emigrati molto giovani. Una mia compagna di liceo si trasferì a Volterra, subito dopo la maturità . Un mese più tardi mi telefonò. Faticai a riconoscerne la voce, perché aveva foderato il suo accento di una quantità urticante di aspirate e di interiezioni, che pretendevano di suonare toscane. Quel camuffamento sembrava il segno di un disagio. Era partita per non tornare; il viaggio di sola andata la costringeva a una metamorfosi. I primi ad accorgersene dovevano essere i compaesani. Io invece l’integrazione l’ho cercata a casa mia. Quando vivevo a San Severo, spesso mi chiedevano di dove fossi.   Un tale una volta mi ha detto: "Hai un chiaro accento laziale. Sei qui per lavoro o per amore?". Avevo trascorso una mezza giornata a Tivoli, ventidue ...

Collaborazionisti

Gatto collaborazionista con Giuseppe Ungaretti Dopo due giri nella lavatrice l'anima del gatto è un po' meno sua  con un orecchio ascolta il notiziario l'altro è una conchiglia per il tuo pianto  una vibrissa ti cerca parole come il naso del servo il suo padrone. Capita anche a loro di contraddirsi: lavoreranno per la polizia i gatti che appallottolano versi e li regalano senza pentimenti al primo confessore di passaggio  - nessuna posa da bottega del mistero -; i segreti li mettono da parte per le conferenze degli anti-poeti, solo per loro soffiano endecasillabi solo per loro inarcano la schiena come i gattacci di Pasolini.