Vignetta di Leonardo D'Orsi Il giornale non era davvero un giornale (usciva una volta al mese), e morì stravecchio all'età di un anno. Lo avevamo chiamato “Za!”, parola che i miei concittadini conoscono bene. "Za!" per dire "vattene via, bestiaccia!", di solito ai cani, che non sempre sono bestiacce, ma se sono malati e balordi, se puzzano della miseria triste che va in giro annusando monnezze, ti somigliano, e tu non hai voglia di specchiarti nelle pozzanghere mentre vai a spasso pensando a niente. Qualche volta lo dici ai fastidi della vita, alla sfiga, ai conti che non possono tornare. Una sillaba per il malessere rifinito in forma di bastardo. Za! Za! cazzo... Za! Il termine però si adattava anche a fissare l'atto del taglio, come variante più perentoria e sciccosa di “Zac!”. L'esclamativo certificava il gesto come l'alzabandiera di un notaio. Nell’autunno del 2004 io e un amico, che chiamerò con lo pseudonimo di Franco Gravino, volevamo di...
Fotogramma da So goes my love ( Un genio in famiglia ), 1946 Zio Vito, Gesù, la pipa, gli sbocchi di sangue. Aveva la cirrosi, sebbene non bevesse. Collezionava strafalcioni di grandi scrittori e altre cose strane (elencarle). L'unica collezione sensata era quella delle pipe, che io usavo per i miei giochi fantastici (il lato negativo e quello positivo, con pipa o penna, le corse intorno al tavolo, mio padre che mi sbugiardava con disprezzo). La moglie abbracciata alla bara. Ho deciso di non avere successo per non rimpiangere gli anni in cui lo avevo avuto. La "e" chiusa di "fratéllo", ripetuta in cadenze d'amore, come a chiuderne la memoria in una gabbia sonora. Le altre volte la "e" aperta per lasciarlo andare da solo sulla strada di Rodi Garganico. Le isole borromee, che lui aveva visitato, i limoni. Una specie di destino univa le nostre strade che mai più dovevano incrociarsi. Mia madre, le braccia in croce, dopo essersi denudata in chiesa. ...