cursed is the one who breathed
them into
my ear as a child.
Cursed are the lilies and their
whiteness
that no spatter of sludge
can stain. I was eight years old
one of my classmates
with hair darker than mine had
written
a poem: it compared the soul
of Jesus Christ to the whitest of
lilies.
I swear that drab metaphor
started to work me over inside
fiber by fiber, tendon by tendon
it opened in me a hole of
unimaginable
envy. In a week
I filled six notebooks
with religious poems: not a
single one
was even a little less drab.
The one who spoils you is the
teacher who listens to you
and asks you to “nurture the
gift”
no one gave you. Then she seals
her judgment by signing your
report card
so that someone officially
believes
that you are a four-and-a-half-foot
poet.
For nine minutes you even
believed it yourself.
For years I’ve been going around
reading my poems: they always
sound flimsy and beat up.
I hide them behind an arabesque
predictable magic shows.
I try to distract people’s gazes.
Mine is a tired obsession
that robs you of sleep and gives
nothing in return
it’s a beggar’s privilege
but I keep trying to find an impure
lily amongst the stones.
Promemoria del poeta colombiano
Maledette
le metafore e le similitudini
maledetto
chi me le ha soffiate
nell’orecchio
da bambino.
Maledetti
i gigli e la loro bianchezza
che
nessuno schizzo di liquame
può
macchiare. Avevo otto anni
una
mia compagna di scuola
più
bruna di me aveva fatto
una
poesia: paragonava l’anima
di
Gesù Cristo a un giglio purissimo.
Giuro
quella metafora scialba
ha
cominciato a lavorarmi dentro
fibra
dopo fibra, tèndine dopo tèndine
mi
ha aperto uno squarcio di invidia
inimmaginabile.
In una settimana
ho
riempito sei quaderni
di
poesie religiose: non ce n’era una
che
fosse un po’ meno scialba.
Chi
ti rovina è la maestra che ti ascolta
e
ti chiede di “coltivare il dono”
che
nessuno ti ha dato. Poi sigilla
il
giudizio con la firma sulla pagella
perché
qualcuno ci creda davvero
che
sei un poeta alto un metro e trentotto.
Per
nove minuti ci hai creduto anche tu.
Da
qualche anno vado in giro
a
leggere i miei versi: suonano
sempre
fragili e ammaccati.
Li
nascondo dietro un arabesco
spettacoli
di magia prevedibili.
Provo
a distrarre gli sguardi.
La
mia è un’ossessione stanca
che
toglie il sonno e non dà niente in cambio
è
un privilegio da accattoni
ma
continuo a cercare un giglio impuro tra i sassi.
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