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Memorandum of the Colombian Poet, translation by Samuel Fleck



Cursed are the metaphors and the similes
cursed is the one who breathed them into
my ear as a child.
Cursed are the lilies and their whiteness
that no spatter of sludge
can stain. I was eight years old
one of my classmates
with hair darker than mine had written
a poem: it compared the soul
of Jesus Christ to the whitest of lilies.
I swear that drab metaphor
started to work me over inside
fiber by fiber, tendon by tendon
it opened in me a hole of unimaginable
envy. In a week
I filled six notebooks
with religious poems: not a single one
was even a little less drab.
The one who spoils you is the teacher who listens to you
and asks you to “nurture the gift”
no one gave you. Then she seals
her judgment by signing your report card
so that someone officially believes
that you are a four-and-a-half-foot poet.
For nine minutes you even believed it yourself.
For years I’ve been going around
reading my poems: they always
sound flimsy and beat up.
I hide them behind an arabesque
predictable magic shows.
I try to distract people’s gazes.
Mine is a tired obsession
that robs you of sleep and gives nothing in return
it’s a beggar’s privilege
but I keep trying to find an impure lily amongst the stones.






Promemoria del poeta colombiano


Maledette le metafore e le similitudini
maledetto chi me le ha soffiate
nell’orecchio da bambino.
Maledetti i gigli e la loro bianchezza
che nessuno schizzo di liquame
può macchiare. Avevo otto anni  
una mia compagna di scuola
più bruna di me aveva fatto
una poesia: paragonava l’anima
di Gesù Cristo a un giglio purissimo.
Giuro quella metafora scialba
ha cominciato a lavorarmi dentro
fibra dopo fibra, tèndine dopo tèndine
mi ha aperto uno squarcio di invidia
inimmaginabile. In una settimana  
ho riempito sei quaderni
di poesie religiose: non ce n’era una
che fosse un po’ meno scialba.
Chi ti rovina è la maestra che ti ascolta
e ti chiede di “coltivare il dono”
che nessuno ti ha dato. Poi sigilla
il giudizio con la firma sulla pagella
perché qualcuno ci creda davvero
che sei un poeta alto un metro e trentotto.
Per nove minuti ci hai creduto anche tu.
Da qualche anno vado in giro
a leggere i miei versi: suonano
sempre fragili e ammaccati.
Li nascondo dietro un arabesco
spettacoli di magia prevedibili.
Provo a distrarre gli sguardi.
La mia è un’ossessione stanca
che toglie il sonno e non dà niente in cambio
è un privilegio da accattoni
ma continuo a cercare un giglio impuro tra i sassi.

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