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Geometry of Coincidences, translation by Samuel Fleck





They live on the same staircase
of the apartment building in a more
or less middle-class neighborhood
an enclave of southern dialects
stacked up like vertebrae
in the flesh of being in the world.
They do not know each other,
nor any of their neighbors:
if there is fellowship amongst them
it’s always on this side of sympathy
of the hassle of saying hello
it’s nature that links them
to an unseen trickle of blood.
Paper puppets that open up
like identical sentences
have gazes no less blank
than their imaginations—
the comparison is frivolous, they wouldn’t like it.
On the first floor a forty-year-old man
a Spanish mother a self-sufficient father
who get his groceries and sometimes cries
if he sees him drunk that son
raised in the courtyard who went mad
after mistaking a woman’s no
for the sound of the trumpets on Judgment Day. It happens.
The girl who echoes him on the second floor
insults her mother she would like to disappear
lest she resemble her as she gets old
with her dye-encrusted hair
the breaths of empty air sacs
but every night she begs her
to tuck her in the covers.
On the third floor there’s a professor
of sewing and economics.
He often has two stains on his underwear
he prefers the one in front.
He spies on another world through his telescope
while he takes in the day’s lesson
which he rehearses in his hiding place.
He thinks about the nights of lovers:
it would be enough for him to have a place
in the fissures of their glances
and the others that make him blush.
He guesses the trajectories
of the kisses and the caresses. 
The nurse on the fourth floor
knows how to administer
shots accurately
underneath the toenails.
She puts on the uniform of her brother
who lives across the street and lends him needles
along with the thoughts that stab him
they’re not his but they wreck his sleep.
The widow who stays on the fifth floor
thinks that she has been cursed
that the devil is laughing inside her brother-in-law
the amateur runner who wanted to marry her.
The day that his heart burst
during a race at Faenza
he stayed on the ground with his cruel love.
She didn’t shed a tear
that she wouldn’t have shed
for a poor nameless soul.
To anyone puzzled by her indifference
she would answer that it all has a meaning:
remembering a name just like forgetting it
caressing a face just like scratching it.
God is not in the business of bartering
and for this she would have prayed.
They all live on the same staircase
they blend in with the other crazies
but they aren’t looking to arouse your curiosity:
they don’t write poetry they don’t paint
while wearing petticoats to taste
a vinous breath in their body.
They don’t stir up the rhetoric
of the genius bottled up in madness.
They don’t testify to the world’s disorder
nor even to their own.
The anatomists of surprise
those good at being surprised those moved
would not know what to do
with such an inconclusive chaos
that rejects poetry and prose.




Geometria delle coincidenze

 


Abitano sulla stessa scala
del palazzo di un rione quasi borghese
un’enclave di dialetti terroni
incolonnati come vertebre
nella carne dello stare al mondo.
Si ignorano come tutti i vicini di casa:
se tra loro c’è una fraternità
è sempre al di qua della simpatia
del fastidio di salutarsi
è la natura che li lega
a un invisibile filo di sangue.
Le marionette di carta che si aprono
come frasi identiche
non hanno sguardi meno bianchi
delle loro fantasie -
il paragone è facile non gli piacerebbe.
Al primo piano un uomo di quarant’anni
una madre spagnola un padre autarchico
che gli fa la spesa e ogni tanto piange
se lo vede ubriaco quel figlio
allevato in cortile diventato pazzo
per avere scambiato il no di una donna
col do delle trombe del giudizio. Capita.
La ragazza che gli fa eco al secondo piano
insulta sua madre vorrebbe sparire
per non somigliarle diventando vecchia
coi capelli ingrommati di tinta
l’alito degli alveoli vuoti
ma ogni sera le chiede il favore
di rimboccarle le coperte.
Al terzo piano c’è un professore
di cucito e di economia.
Ha spesso due macchie nelle mutande
quella davanti è la sua preferita.
Spia l’oltremondo con il telescopio
mentre impara la lezione del giorno
che ripete nel suo nascondiglio.
Pensa alle notti degli innamorati:
gli basterebbe un posto
nelle fessure dei loro sguardi
e nelle altre di cui si vergogna.
Indovina le traiettorie
dei baci e delle carezze.
L’infermiere del quarto piano
sa fare punture di precisione
sotto le unghie dei piedi.
Mette la divisa del fratello
che abita di fronte e gli presta gli aghi
e anche i pensieri che lo accoltellano
non sono suoi ma gli guastano il sonno.
La vedova che sta al quinto piano
crede che le abbiano fatto il malocchio
che il diavolo sorrida dentro il cognato
podista dilettante che voleva sposarla.
Il giorno che il cuore gli scoppiò
durante una gara che arrivava a Faenza
rimase a terra col suo amore cattivo.
Lei non versò una lacrima
che non avrebbe versato
per un povero cristo senza nome.
A chi non capiva la sua indifferenza
rispondeva che tutto ha un significato:
ricordare un nome come dimenticarlo
accarezzare un volto come graffiarlo.
Dio non è un impresario del baratto
e per questo avrebbe pregato.
Vivono tutti sulla stessa scala
si confondono con gli altri pazzi
ma non vogliono incuriosirti:
non scrivono versi non dipingono
indossando sottane per sentire
un respiro vinoso nel corpo.
Non eccitano la retorica
del genio imbottigliato nel delirio.
Non testimoniano il disordine del mondo
e neanche il loro.
Gli anatomisti dello stupore
i bravi a sorprendersi i commossi 
non saprebbero cosa farsene
di un caos così inconcludente
che rifiuta la poesia e la prosa.


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