Passa ai contenuti principali

Referenze




e non fermarli

non ti risparmieranno

colpi sulla bocca

piena di vetri rotti

non chiedere soldi al 

passato e tieni il resto:

il sole un tuorlo disegnato

sul muro l'andirivieni

dell'alba che si sbriciola

nella mano e quel rumore 

bianco un vicolo che odora

come un pranzo domenicale 

ma niente di quello che eri

è stato mai vero come adesso

che la tua orma affonda

nella paglia e ti strappano

a pugni il primo grido di

gioia e l'ultimo e ogni tuo

osso spezzato è benedetto

da chi vuole pagarti lo stipendio



e un'arte che della vita

conservi inappagato

inappagabile il germe

di un ritorno possibile

nel sapersi qui ora

frantumi di una Gènesa 

che dica il nostro nome

rifletta il nostro volto

nascosto nella terra


Da Tersite aveva lineamenti marcati di Facundo Filiano

Commenti

Post popolari in questo blog

Collaborazionisti

Gatto collaborazionista con Giuseppe Ungaretti Dopo due giri nella lavatrice l'anima del gatto è un po' meno sua  con un orecchio ascolta il notiziario l'altro è una conchiglia per il tuo pianto  una vibrissa ti cerca parole come il naso del servo il suo padrone. Capita anche a loro di contraddirsi: lavoreranno per la polizia i gatti che appallottolano versi e li regalano senza pentimenti al primo confessore di passaggio  - nessuna posa da bottega del mistero -; i segreti li mettono da parte per le conferenze degli anti-poeti, solo per loro soffiano endecasillabi solo per loro inarcano la schiena come i gattacci di Pasolini.

In scena

Cornelis Escher. Tre sfere II, 1946, litografia PRIMA Nerio aveva portato le mie borse per tre chilometri il giorno in cui rischiavo di perdere il treno. Quasi mi salvò la vita, quando mi prestò il denaro che non avevo avuto il coraggio di chiedergli. Per qualche mese abbiamo amato la stessa ragazza, abbiamo litigato ma siamo rimasti amici. Nerio: attore, atleta, mezzofondista formidabile (avrebbe potuto partecipare alle Olimpiadi).  Ci eravamo conosciuti in teatro. Facevamo parte di una compagnia di filodrammatici.  Mettevamo in scena commedie napoletane: Scarpetta, Eduardo, Viviani. A me davano parti in lingua, perché col napoletano ero scarso. Quasi sempre il nobile in disarmo, a volte il prete o l’avvocato maneggione. Nerio invece addomesticava le parole come nessuno; ti sparava dei gramelot incredibili: un genovese, sentendo il suo strascico di  ueh e sfaccimme, lo avrebbe detto di Afragola; un napoletano il suo finto ligure se lo sarebbe bevuto in un sorso. Un gio...

L'intellettuale in ombra (revisited)

  Vivo qui da anni e non ho mai incontrato un intellettuale. "In città non ne troverai", mi hanno detto. L'affermazione è troppo perentoria. Perché non è possibile che un chilometro quadrato qualsiasi di un qualsiasi luogo della terra ne sia privo; parlo degli intellettuali, delle sottospecie più varie: scrittori, cioè romanzieri, poeti e saggisti, oppure storici, storici dell'arte, studiosi di tradizioni locali, antropologi, geografi, enologi, gastronomi (intellettuali anche loro). Da tempo la parola "intellettuale" ha assunto un senso negativo, che io non intendo attribuirgli, ma è vero: per molti intellettuali, l’aggettivo sostantivato che li definisce già da solo rappresenta un insulto. Se gli si aggiunge la locuzione “in ombra” [1] , l’insulto diventa oltraggio. Non so se tra gli intellettuali vadano compresi gli artisti. “Qui mancano pure quelli”. Se si trattasse solo di avvertirne le vibrazioni in un incontro casuale per strada, non sarebbe difficil...