There’s also the name you believe you inhabit
as long as you don’t hear it come out of a mouth
distorted by clear or muddled pronunciation
it changes little: you don’t respond
(aren’t they talking to your cousin who casually
wears your grandfather’s name second-hand?).
The illusory numbered name breath of a voice
you don’t recognize tosses about
with you in your dreams voice of sand
that asks you for a kiss you can’t respond.
It isn’t the same name spoken
three times by the person dying before you
your father who calls you and speaks mysterious
words you can’t even make out one:
you don’t know if the untouched light of the desire
to take you to Paris is slurring them
the unknown caresses of the world
a reproach the last one
a little noisier happy
like the body that learns not to be there.
Once in a while you play them back
to guess at the meaning of the speech
but the name your father gave you
a misguided gift a mark on your face
Appendice al discorso del nome
C’è anche il nome che credi
di abitare
finché non lo senti uscire
da una bocca
sformato dalla pronuncia
chiara
confusa cambia poco: non
rispondi
(ce l’hanno con tuo cugino
portatore disinvolto
del nome nonnesco di seconda
mano?).
Il nome illusorio numerato soffio
di una voce
che non riconosci si
rivoltola
con te nei sogni voce di
sabbia
che ti chiede un bacio tu
non puoi rispondere.
Non è lo stesso nome detto
tre volte da chi sta morendo
prima di te
tuo padre che ti chiama e ti
dice
parole misteriose non ne
capisci una:
non sai se le strascica la
luce intatta
del desiderio di portarti a
Parigi
le carezze sconosciute del
mondo
un rimprovero l’ultimo
un po’ più rumoroso allegro
come il corpo che impara a non
esserci.
Ogni tanto le riascolti
per indovinare il senso del
discorso
ma il nome che ti ha dato
tuo padre
un regalo sbagliato
un’impronta sulla faccia
è l’unica condanna che comprendi.
Little Exercises in Neglect
The first to fall were the plants
not by the will of time or fate
but of the so-called gardener
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